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S. Stefano

Dopo l'insediamento delle due colonie, di Ponza e Ventotene, nel 1790 iniziò la costruzione dell'ergastolo di S. Stefano. Artefici della progettazione furono sempre Antonio Winspeare e Francesco Carpi, il quale soprintese ai lavori. La manodopera era costituita totalmente da detenuti ai ferri (forzati) i lavori durarono sette anni così nel 1797 la struttura fu ufficialmente inaugurata come ergastolo per crimini comuni. L'architettura dell'ergastolo ancora oggi dopo oltre due secoli rappresenta un unicum nel suo genere. L'ergastolo di S. Stefano è un'originale soluzione alle teorie di quel periodo, secondo le quali solo con il completo dominio di una mente su l'altra era possibile il recupero del detenuto.

La soluzione originale trovata dai progettisti fu quella di rifarsi ad una architettura in uso da millenni, quella teatrale, in particolare l'ergastolo nel suo progetto originario anche se in scala maggiore è sovrapponibile alla planimetria del teatro reale il "San Carlo" di Napoli. Si può definire quindi a tutti gli effetti architettura teatrale, restando in linea con la filosofia di vita del periodo e in particolare dei Borbone, più precisamente lo possiamo definire un teatro al contrario, dato che in questo caso il palcoscenico, dove di solito vi si inscena la tragedia era occupato dagli spettatori, le guardie, mentre sugli spalti vi stavano i detenuti, e quindi era li che vi si inscenava la tragedia. L'ergastolo durante il suo funzionamento che va dal Regno delle due Sicilie, alla Repubblica Italiana, subisce diverse modifiche dettate dai profondi cambiamenti socio-politici, conservando comunque l'assetto architettonico settecentesco.
Oltre ai detenuti per crimini comuni a S. Stefano già dal 1799 iniziarono a rinchiudervi anche i liberali insorti durante i primi moti rivoluzionari di Napoli tra questi vi era anche Giuseppe Settembrini, padre del più conosciuto Luigi Settembrini, che dopo circa cinquanta anni verrà condannato all'ergastolo durante i secondi moti liberali del 1848, con lui e con identica condanna furono incarcerati anche Silvio
Spaventa e Salvatore Faucitano. Dopo l'unione d'Italia e con il finire del 1800 l'ergastolo fu usato per rinchiudervi gli anarchici che attentarono alla vita del re Umberto I, tra questi tale Pietro Acciarito che nel 1898 tentò di accoltellare il Re riuscendo solo a forargli la giubba, dopo soli due anni un altro vi riuscì, l'anarchico Gaetano Bresci, il quale morì nell''ergastolo di S. Stefano in maniera poco chiara. Durante il ventennio fascista, la detenzione per reati d'opinione, fu inasprita in particolare con le leggi speciali del 1926 prima e del 1935 dopo. Tra i molti vanno ricordati sicuramente Sandro Pertini che vi fu rinchiuso tra il 1929 e il 1931, a lui dobbiamo il riferimento ad un altro detenuto politico, che trenta anni dopo seguì le sorti di Bresci, tale Rocco Pugliese. Altri nomi vanno ricordati, Carlo Rossetti, Iacometti, Terracini, Scoccimarro, e molti altri. La detenzione politica finirà solo dopo la caduta del fascismo, così l'ergastolo ritornò alla sua funzione originaria. L'ergastolo fu ufficialmente chiuso il 2 settembre 1965, in base ad un decreto legge del 1958, che riformava il sistema carcerario italiano, sentenziando la chiusura dei carceri inutilmente duri, tra questi vi era iscritto anche l'ergastolo di S.Stefano.

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Ergastolo in Santo Stefano di Ventotene
Ergastolo in Santo Stefano di Ventotene
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